di Rosita Boschetti
Lia Bianchi probabilmente è al corrente dei sentimenti del poeta, dal momento che i suoi nipoti, a Livorno, conservano i ricordi della nonna che avrebbe addirittura potuto sposare Giovanni. Ciò viene confermato da molte testimonianze come quella di Angelo Orvieto, direttore del Marzocco e amico di Giovanni che così ricorda:
“…un giorno il Pascoli venuto a Firenze, lo pregò di accompagnarlo da un orefice e all’orefice ordinò un anellino d’oro, una fede. Ripartì, e poco dopo scrisse all’amico che di quell’anellino non ne aveva più bisogno, perché non avrebbe mai avuto cuore di servirsene. Non sapeva, non poteva decidersi a lasciar sole le due sorelline”
Ad avallare definitivamente il ricordo di Orvieto c’è anche un madrigale trovato da Mariù tra le carte del fratello, come da lei stessa dichiarato in Lungo la vita di Giovanni Pascoli:
LIA
Nello stesso periodo, frequenta casa Pascoli un certo Fortunato Vitali, personaggio di pochi scrupoli apparentemente interessato a Ida, come precisa il poeta in una lunghissima lettera ma in realtà un suo vecchio creditore giunto a ricattarlo. L'inadeguatezza di Vitali quale pretendente per Ida e, contemporaneamente, il richiamo al dovere delle sorelle, distoglieranno ancora una volta Giovanni dal pensiero amoroso: per dirla con Mariù “spezzò d’un colpo il suo vago idillio fatto di sguardi, di saluti e di palpiti segretissimi”.
A testimonianza dell'infelicità della convivenza in questi primi anni livornesi, valgano alcune lettere destinate sempre al fratello, il confidente, l'unico con cui il poeta poteva aprirsi e sfogarsi:
Ho bisogno d'un poco di sfogo: non so come tirare avanti e bisogna che mi tenga tutto per me. Se qualche volta do segno di fuori della terribile melanconia che mi nereggia dentro, si danno interpretazioni che non istanno. La spiegazione più semplice non viene mai.
Io soffro il doppio, chè mi tocca nasconderlo, il mio soffrire: qualche volta, di notte, mi son turato la bocca coi lenzuoli per soffocare i singhiozzi – Alla mia età!!! […] Io devo rendere a me possibile la convivenza con loro; perchè dove andrebbero loro, se io non potessi più stare con loro? Chi le amerebbe, se non le amassi io? Non capisci che esse sono vissute tutta la loro gioventù nell'ambiente pretesco, donde s'esce né amati né amando?
E ancora, a sottolineare il fatto che Raffaele sia vitale per il fratello perchè l'unico in grado di capire la sua situazione che lo ingabbia, sia a livello economico, sia a livello affettivo:
Caro Falino, ti scrivo da scuola, chè non ho tempo e libertà altrove. La mancanza di libertà mi si fa sentire un po' troppo e non ci vedo rimedio. Le sorelle, al vanire delle illusioni, si stringono sempre più a me, e ciò è commovente e anche doloroso, ma la stretta è un poco gelosa ed sclusiva .
Risale probabilmente al 1890 un'altra lettera a Falino in cui, ancora una volta, egli accenna alla frequentazione del bordello e dell'osteria:
Puoi immaginare quanti pasticci abbia fatto per non fare accorti in casa di una somma così grande che se ne va – nel bordello e nell'osteria.
Oltre alla sua insoddisfazione, c'era quella delle sorelle, in particolare di Ida che desiderava i figli e il matrimonio. Questo malessere della sorella scaturisce poi in gelosia nei confronti di chi, come Raffaele, aveva una famiglia e la sua tristezza pervade la casa dei Pascoli a Livorno. Sono moltissime le lettere in cui il poeta esprime il desiderio di riuscire a maritare Ida, un carteggio che illumina finalmente il legame fra i tre fratelli, ribaltando vecchi stereotipi che vedono un Pascoli morbosamente attaccato a loro. Particolarmente chiarificatrice è la seguente missiva:
Poi la mia famiglia, anzi noi, attraversiamo una crisi molto dolorosa. Senza dirlo chiaramente, ma facendolo l'uno sospettare all'altro, noi tutti e tre comprendiamo che la nostra vita è mancata. E' come non essere nati. Per le sorelle bisogna accusare l'iniquità sociale, per me, le necessità loro. Pure io, con la compagnia degli studi e con l'amor della campagna, passerei la melanconia assai bene se non avessi al fianco queste due mute disperazioni. Mute? Non sempre. Poveri noi!
Questa lettera parla da sola. Già dopo qualche anno di convivenza, l'intento principale di Pascoli è quello di riuscire a maritare la sorella Ida. Egli si sente controllato, vorrebbe maggiore libertà, vorrebbe vivere le proprie passioni senza condizioni. Alla luce delle numerose lettere che evidenziano tutto ciò, è comprensibile come Raffaele e probabilmente, in seguito, anche la stessa Maria, avessero scelto di secretare questo fondo. Per consegnare ai posteri un'immagine edulcorata del Poeta delle piccole cose e della bontà, a scapito della verità, era necessaria una ricostruzione biografica filtrata dagli occhi di Maria, in cui la vita di Pascoli apparisse esclusivamente e volutamente concentrata sul nido rassicurante ricostruito con le sorelle. Ma questo nido, come chiaramente emerge, non ha nulla di rassicurante al suo interno.
Il fidanzamento col romagnolo Salvatore Berti rappresenta l'ultimo tentativo di maritare Ida, a testimoniare, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, quale fosse il vero desiderio di Giovanni, il quale scrive a Raffaele:
Ebbene, povero Falino, è così: è l'ultimo tentativo per dar marito all'Ida che forse andrà in Romagna e potrà esser felice lei e lasciar liberi e in pace me e la povera Mariù – Oh! Se fosse! Come torneremmo, io e tu, con la Mariù, e con la tua Angiola e specialmente la tua bambinetta adorata, felici! […] Ida è gelosissima della tua bambina. Pare impossibile, ma è così. Per lei, io non devo avere affezioni, né amare né essere amato. Mi dici: e tu obbedisci? Povero Falino, essa, a contraddirla, diventa come matta, urla, esce di casa (ha provato già due volte) per la strada...Capisci? Più cresce la rispettabilità della mia condizione, più cresce per forza il potere di lei su me...
Il carteggio riferibile al periodo immediatamente precedente al matrimonio di Ida, che vede Pascoli a Roma, nell'estate del 1895, presso l'Ispettorato Generale del Ministero, ha fuorviato gli stessi studiosi, in quanto non esaminato alla luce di questi ultimi documenti; la disperazione del poeta, manifestata nelle lettere a Mariù, è stata inevitabilmente legata al matrimonio e all'allontanamento di Ida da Giovanni. In realtà, nelle missive al fratello dello stesso periodo, l'angoscia lascia spazio, man mano, alla speranza di una nuova vita, in cui l'amore è al centro di tutto, come un vento fresco a spazzar via tutti i problemi:
Ebbene, caro fratello adorato, io sono orribilmente infelice. Tu non sai che vita conduco da dieci anni a questa parte. Povera Mariù! […] E io invece sono invaso da un'ossessione così orribile! Sono due o tre mesi che non scrivo una linea, che trascuro tutti i miei interessi nel momento decisivo, in cui devo provvedere tanto denaro per il corredo, per le nozze...Oh! i miei capelli che imbiancano, i miei baffi che si fanno grigi! la mia pancia! Io vorrei amare, vorrei trovare una giovane che mi amasse! […] Io sono venuto a Roma per la disperazione! Non potevo soffrir più l'Ida nei suoi atteggiamenti. Insomma, vedi, Falino, che io non so scrivere ciò che penso e sento. Ma capisci, è così: in presenza dell'inaspettata fortuna dell'Ida, a me è sorta la necessità di trovare un po' d'amore, o di morire. Altro scampo è impossibile. Oh! Come rimpiango la mia giovinezza! Perchè ora è impossibile, non è vero? essere amati. È impossibile? Scrivimi, caro Falino, scrivimi subito. È impossibile? Trovai la bellezza fresca e giovanile, che mi si offriva: non la volli: ho le mie sorelle da maritare, trovai la ricchezza: non la volli: avevo le mie sorelle. Ora le mie sorelle si maritano, ed io...? io forse muoio. Cose atroci, inenarrabili. Sono due mesi che soffro; e non ho trovato un sollievo.
Ma io vorrei presto vedere la possibilità di questo avvenire gentile. O incognita soave, come ti amerei! come mi farei amare! Quanta giovinezza troveresti ancora in me, vissuto sin ora soltanto nell'ombra austera del dovere! Certo fili bianchi sono nei capelli folti, fili bianchi nei baffi! Oh! Dio!
E ancora il 22 giugno preciserà come per la calma del suo spirito Giovanni avesse bisogno di tornare innamorato.
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