di Gianfranco Miro Gori
In principio fu Brenno, indomito capo Senone, che sconfisse i romani ed entrò da vincitore in Roma: veniva da queste terre, oggi romagnole; e se ne tornò indietro, sua sponte, non per l'eroismo di Furio Camillo come invece racconta la storia scritta dai Romani che alla fine sconfissero i Senoni.
Quindi fu Cesare che attraversò il Rubicone: una vicenda famosa urbi et orbi. Poi il colonnello Giuseppe Sercognani, nativo di Faenza, marciò durante i moti risorgimentali del 1830-31 su Roma e fu fermato a Rieti. Nel 1867 fu il generale Garibaldi a puntare su Roma, e fu sconfitto a Mentana; non parti dalla Romagna ma il suo esercito era fitto di romagnoli. Infine Benito Mussolini romagnolo di Predappio nel 1922.
Nel processo del X agosto nella Torre, ci siamo occupati, non di rado, direttamente della Romagna e in molti altri casi abbiamo organizzati dibattiti che a essa comunque alludevano, non - sia detto per sgombrare il campo da ogni equivoco in tempi incerti – per sbandierare idee regionalistiche e municipalistiche ma evidenziando il carattere nazionale e (forse) glocal di vicende e personaggi di questa terra.
Non a caso il primo processo, nell'ormai lontano 2001, fu dedicato all'omicidio del padre di Pascoli (1867): un fatto della Romagna ribelle, che attraverso la poesia del figlio, risuona ancora, assassinio irrisolto, negli spazi auratici della letteratura nazionale. Processammo poi alcuni romagnoli in rapporto alla loro terra: il bandito “sociale” Stefano Pelloni detto il Passatore, il dittatore e creatore del fascismo Mussolini e l'inventore della musica popolare romagnola (meglio conosciuta come liscio), Secondo Casadei. Non mancò la cucina romagnola. Nonché Pellegrino Artusi. E di altri personaggi processati a nessuno sfuggono i legami con la Romagna: Mazzini, Garibaldi, Togliatti. Nel decennale del processo finì alla sbarra il Romagnolo e qualche anno dopo la diatriba su quale tra tre fiumi romagnoli sia il vero Rubicone scatenò, grazie alla forte carica simbolica del gesto di Cesare, un ampio interesse internazionale.
Il X agosto del 2018 torniamo nella nostra terra con un'accusa, originata dalla cinque marce su Roma citate all'inizio, così riassumibile: il romagnolo ribelle per senso di giustizia, lo fu soprattutto per sete di potere. Al pubblico presente la sentenza.
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