
Febbraio è il mese di San Valentino è il mese del ritorno all'infanzia. Quando si invecchia, si ritorna sempre più spesso all’infanzia. Si riscopre la bellezza dell’essere bambino.
Un bambino cammina per strada, indossando un abito nuovo, realizzato dalla mamma che ha speso tutti i soldi messi da parte grazie alla vendita delle uova. Lo sguardo dell’osservatore si rivolge, quindi, ai piedi di quel bimbo che non porta scarpe, perché la mamma non aveva più denaro per acquistarle. Quando le galline hanno iniziato a chiocciare e non hanno più fatto le uova, la donna non ha potuto più accantonare i soldi e il bambino è rimasto a piedi nudi. La scena è di una tenerezza immensa, ancor più oggi quando è raro assistere a situazioni simili.
Pascoli attribuisce al bambino un nome: lo chiama Valentino, titolo del componimento stesso, un nome che di per sé conferisce grande significato ai versi. «Valentino» significa «che vale», «forte», «gagliardo».
Quel bimbo non possiede nulla, tutto il suo valore è già nella sua persona e nell’amore di quella madre che, pur disponendo di pochi soldi, offre tutto perché la sua creatura possa splendere ancor di più, «vestito di nuovo».
In quartine di endecasillabi nasce così la poesia «Valentino», una delle più tenere dei Canti di Castelvecchio.
La raccolta de I canti di Castelvecchio pullula di bimbi e di ragazzi. «Fanciullino» non è più solo lo sguardo del poeta, ma spesso anche il protagonisti dei versi.
Così accade nella poesia il «Fanciullo mendicante» . Quel bimbo tanto commuove Pascoli da provocare in lui il pianto: una sola stilla di lacrime cade dagli occhi del poeta sul bambino a dimostrare il valore della pietà umana, la condivisione di una sofferenza, la simpatia e la pietà per l’altrui dolore.
L’orfano vive un’assenza che è nostalgia per la madre che non c’è più. Per questo la cerca, per questo la chiama. Anche Pascoli è orfano e mendicante di amore.
Ognuno di noi è come quel bimbo, che necessita di una presenza costante e assidua, nella mendicanza, che è condizione esistenziale propria di ogni uomo.
Pubblicata la prima volta sul numero unico "Luce intellettuale " a beneficio di una Cassa nazionale di sovvenzione per i cechi . Poi ripubblicata nel 1899 su "Roma letteraria"
La dolcezza indicibile della poetica di Pascoli , la bellezza dei suoi canti., la tenerezza che incanta.
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