MILANO – La scarpa “Made in San Mauro” sale agli onori delle cronache nazionali. Prima un articolo su Affari & Finanza di Repubblica (“Le scarpe di qualità vincono le sfide del lusso”, di Luigi Dell’Olio, 15 settembre), poi un’intera pagina sul Corriere della Sera (“I sacerdoti delle tomaie”, di Roberta Scorranese, 18 settembre). Di seguito riportiamo quello pubblicato nell’inserto di Repubblica.
«Cresce il peso delle calzature sui conti dei big italiani del lusso. L’ultimo Osservatorio Altagamma indica proprio questo segmento come uno dei fattori trainanti per l’offerta italiana di fascia alta, con le aziende della Penisola prime per quote di mercato (60% a livello mondiale) e per ritmo di crescita (+17% annuo). «Per molto tempo il business delle calzature e quello dell’abbigliamento hanno fatto capo a operatori diversi — spiega Vito Artioli, presidente dell’Anci (Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani) — La situazione è cambiata negli ultimi anni, quando molti operatori generalisti hanno puntato sul settore delle scarpe per incrementare il proprio giro d’affari. La strada più battuta è stata negli accordi con i produttori, chiamati a disegnare linee secondo lo stile e i metodi della casa titolare del marchio di distribuzione».
L’incremento della concorrenza ha fatto bene al mercato italiano, che in una recente ricerca dal Luxury Institute di New York è risultato il più apprezzato dai consumatori americani con un reddito di almeno 350 mila dollari. Chiamati a indicare i marchi di calzature da uomo più prestigiosi, gli intervistati hanno premiato Salvatore Ferragamo, davanti a Tod’s e Prada. Un podio tutto tricolore, motivato dalla capacità di trasferire e consolidare una percezione di lusso e di esclusività. Complessivamente, i marchi italiani hanno conquistato nove delle prime dieci posizioni nella classifica stilata dall’istituto. Gli altri nomi sono quelli di Armani, Berluti, Bruno Magli, Dolce & Gabbana, Ermenegildo Zegna e Gucci.
I brand della Penisola hanno dominato anche l’analoga ricerca condotta sulle calzature femminili: in questo caso il primato è andato a Bottega Veneta (che fa capo al gruppo Gucci), con Valentino terzo alle spalle Hermès. Gli altri nomi nella top ten sono stati Armani, Dolce&Gabbana, Ferragamo, Fendi, Gucci, Prada e Versace. «Nell’immaginario collettivo le scarpe italiane di qualità hanno sempre rappresentato il top per la clientela di fascia alta e questa percezione è stata rafforzata negli ultimi anni dai progressi fatti sul versante della qualità e della forza vendite», afferma soddisfatto Michele Norsa ad di Salvatore Ferragamo. Il prestigio acquisito a livello internazionale sta consentendo alle griffe italiane di superare senza troppi danni il difficile momento per l’economia mondiale: «La concorrenza dei paesi emergenti è poco sentita nella fascia delle calzature di lusso, dove svolge ancora un ruolo centrale la capacità artigianale», aggiunge Norsa.
Il buono stato di salute del comparto calzature è confermato dai dati delle società quotate: Aeffe, che opera con i marchi Alberta Ferretti, Moschino e Pollini, ha chiuso i primi sei mesi del 2008 con un Ebitda a quota 20,91 milioni di euro, in linea con i 20,88 milioni di dodici mesi prima. Analizzando il dato in profondità si scopre però l’ottima performance della divisione calzature e pelletteria, in crescita del 16,6%. In particolare, il segmento calzature e pelletterie copre il 92% del fatturato di Pollini: «Al di là dei numeri, il settore contribuisce a rafforzare a livello internazionale il valore del brand e del made in Italy più in generale come sinonimo di qualità e artigianalità», commenta Antonella Tomasetti, ad di Pollini. Con la stagione 2008/09, ha fatto il suo debutto in azienda uno dei più apprezzati stilisti delle calzature a livello mondiale, Nicholas Kirkwood.
Antichi Pellettieri (gruppo Mariella Burani), che ha in portafoglio marchi come Baldinini, Coccinelle e Mandarina Duck, ha chiuso il primo semestre dell’anno con un fatturato in crescita del 26% rispetto allo stesso periodo del 2007, con le calzature che hanno fatto anche meglio, registrando un balzo del 35%. «Merito soprattutto dei mercati emergenti, che hanno risentito meno della crisi internazionale — commenta Giovanni Stella, amministratore delegato della società — L’export supera il 60% del nostro giro d’affari, con
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