Correva l’anno 1962. In una calda Domenica di fine Maggio dodici bambini di terza elementare ricevono la loro prima Comunione al santuario di Fiumicino. La Messa è solenne, una delle ultime celebrate in latino, prima della riforma.
Ricordo i canti gregoriani storpiati in un latino maccheronico dalle vecchiette, le donne portavano ancora il velo in testa, gli uomini, in piedi, in camicia bianca, giacca e cravatta, molti con il cappello in mano.
Al pomeriggio si doveva ritornare tutti in chiesa per il rosario delle ore 15, bambini e mamme, gli uomini si sentivano esentati e rimanevano al bar per la briscola e la partita a bocce.
Mi avvio da casa accompagnato dalla raccomandazione premurosa di mia mamma: “bada di non sporcare il vestito nuovo!”.
Arrivato sulla piazza davanti alla chiesa mi si avvicina subito il mio amico di avventure, Miro (diminutivo di Palmiro, famiglia rigorosamente comunista, il primo Maggio lo vestivano tutto di rosso).
Mi sussurra all’orecchio: ”Hei, ho visto un nido di cardellini nel campo di Spadoun. Possiamo passare lungo l’argine del fiume (il Rubicone) per non farci vedere da nessuno, attraversiamo due campi di orzo, arriviamo alla grande pioppa, si prende il sentierino fra l’erba medica fino al penultimo gelso, fra i filari del moscatello”.
E così abbiamo fatto. Quando siamo saliti sull’albero, nel nido abbiamo trovato quattro piccoli cardellini, due per ciascuno, uno per ogni mano.
Va detto che il cardellino è un piccolo uccello coloratissimo, proprio bello da vedere e da sentire cantare. Gli ornitologi dicono che se messi in una gabbietta sin da piccoli, ci stanno bene e non sentono la mancanza del volo.
Va detto anche che io provengo da una famiglia di cacciatori, e sono cresciuto con la passione della caccia. Non vedevo l’ora di diventare grande per avere anche io il mio fucile. Poi da ragazzo l’incontro con San Francesco, la conversione, un modo diverso di vedere le cose… ora sono decisamente contro ogni forma di caccia.
Mentre torniamo verso casa, a un certo punto mi viene un gran magone: penso alla mamma cardellina, che tornando al nido non vede più i suoi piccoli, penso che forse gli ornitologi si sbagliano e che i cardellini preferiscono volare liberi, e che in gabbia non è vero che ci stanno bene.
Allora ho rifatto di nuovo la strada all’indietro, sono salito sull’albero e ho rimesso nel nido i due cardellini.
Proprio in quel momento ho sentito le campane che suonavano per l’inizio del rosario. Ho corso a perdifiato tra i campi, lungo l’argine del Rubicone sono scivolato e ci sono caduto dentro fino al ginocchio.
Sono entrato in chiesa sudato, sporco e bagnato, mentre la gente già recitava il rosario. Dovevo raggiungere gli altri bambini vicino all’altare, senza farmi vedere da mia mamma.
Mi muovevo con accortezza lungo le pareti della navata, ma quando sono stato all’altezza della panca dov’era mia mamma, con la coda dell’occhio mi ha visto: “dopo a casa facciamo i conti, disgraziato!!”.
Mi sono seduto in mezzo agli altri bambini, ma anche il parroco mi ha notato e mi ha chiesto perché ero in ritardo e perché ero conciato a quel modo. Allora ho dovuto spiegare tutto.
Alla fine lui mi ha sorriso, mi ha fatto una carezza sulla testa fradicia di sudore e mi ha detto: “però… bella la tua prima comunione… Gesù ti ha insegnato ad avere compassione anche verso i cardellini…”.
Adesso che sono grande e parroco di San Mauro, ogni anno accompagno alla prima Comunione decine di bambini e mi chiedo: quanti di loro sanno riconoscere i cardellini? Quanti di loro hanno mai scorrazzato lungo l’argine del Rubicone o del Rio Salto, quanti sanno distinguere l’orzo dal grano, o un pioppo, o un gelso? Quanti hanno mai strappato un grappolo di moscatello dai filari delle viti in aperta campagna?
Li vedo incollati ai loro telefonini, passano pomeriggi interi al computer a giocare a Fortnite o fifa, o a guardare serie tv tipo Stranger Thing e Squid Game… mi sembrano così diversi da come eravamo noi.
Eppure… mi sbaglio.
Perché basta portarli in un campeggio estivo, farli camminare tra boschi, fargli assaggiare lamponi e mirtilli, indicare loro una vetta da scalare, fargli montare una tenda, fargli vedere un falco in volo, attraversare un fiume a piedi…
In pochi giorni si accende in loro uno spirito di avventura, un contatto più vero con le cose, delle amicizie più profonde, una capacità di stupirsi di fronte alla natura…
È proprio così, i bambini sono sempre bambini, basta saperli mettere di fronte alle cose giuste.