MITI E LEGGENDE DELL' ANTICA GRECIA
Vi erano in una città della Grecia antica un re e una regina che avevano tre figlie, di queste Psiche era la più giovane e la più bella, la sua splendida bellezza non si poteva descrivere e non esistevano parole per lodarla adeguatamente, tanto che vi era chi addirittura la considerava più bella della dea Venere (Afrodite), la dea, appunto, della bellezza.
Un numero incredibile di forestieri e molta gente del suo paese andava a tributare omaggi alla fanciulla e diminuivano invece le adorazioni alla dea Venere, motivo per il quale la vendicativa divinità si infuriò e non di poco e così, per farsi giustizia, decise di chiedere aiuto a suo figlio Amore (Cupido), questi avrebbe dovuto colpire Psiche nel cuore con una delle sue infallibili frecce e farla innamorare dell’uomo più brutto, più umile e più insignificante della terra.
Amore accettò ma qualcosa non andò come previsto, una volta arrivato di fronte alla fanciulla, rimase così incantato dalla sua bellezza da distrarsi al punto tale che nello scagliare una delle sue frecce diretta al cuore della giovane, si confuse e sbagliò il colpo e finì, invece, per colpire se stesso e, di conseguenza, si innamorò perdutamente di Psiche.
All'istante decise di unirsi a lei, tanto che la portò nel suo palazzo di nascosto dalla madre, ma assolutamente senza rivelare alla fanciulla la propria identità, lei non doveva conoscerlo per nessun motivo, per questo si recava a farle visita ogni sera solo al calar del sole e, senza mai mostrarle il volto, i due vivevano così, con piena soddisfazione, momenti di intensa passione.
Psiche, sempre più invaghita del suo misterioso amante, pur avendo accettato il compromesso, non seppe vincere la curiosità e, spinta anche dalle sorelle, una notte si avvicinò al volto di Amore mentre dormiva con una lanterna in mano, lo illuminò per bene e restò immediatamente folgorata dalla bellezza del suo amante.
La fanciulla scoprì così il vero volto del dio Amore, i capelli profumati di ambrosia, le ali rugiadose di luce, il candido collo e le guance di porpora.
Dalla faretra del dio, Psiche trasse una saetta, dalla quale restò però punta, innamorandosi, così, perdutamente e per l'eternità del dio.
Ma mentre ammirava il profilo di Amore, una goccia d’olio bollente della lampada cadde accidentalmente sul giovane che, risvegliatosi e deluso dalla sfiducia della ragazza nei suoi confronti, scappò via abbandonandola a se stessa.
Psiche si diede alla disperata ricerca del suo amante, lo cercò per tutta la terra e in tanti templi, finché arrivò al tempio di Venere, qui si consegnò alla dea chiedendole perdono e sperando così di placare la sua ira.
Venere allora per concederle il perdono, la sottopose a quattro terribili prove, tutte praticamente impossibili da superare. Ma Psiche ebbe la meglio, grazie all'aiuto di altre creature, sia mortali che divine, che ebbero compassione di lei.
La prima prova consisteva nel separare tutti i semi di vegetali diversi di un grande ammasso, in tanti mucchietti separati ed omogenei. E venne aiutata dalle formiche.
Nella seconda prova Psiche doveva portare a Venere un filo di lana d'oro preso dal vello di un gregge di pecore. E una canna le diede giusti consigli per portare a termine il compito.
Successivamente e come terza prova, Psiche doveva recarsi alla sorgente del fiume che alimentava la palude dello Stige posta su una parete rapidissima e portare un'anfora di acqua alla dea. E l'aiuto le venne fornito dall'aquila di Giove (Zeus).
Tutti questi successi però fecero ancora più infuriare Venere, che le pose un’ultima prova: discendere negli Inferi e chiedere alla dea Proserpina (Persefone) un po’ della sua bellezza.
L'impresa sembrava impossibile, ma, grazie ai consigli di una torre parlante, si recò negli Inferi e riuscì a farsi consegnare da Proserpina un po' della sua bellezza racchiusa in una ampolla.
Psiche riuscì a tornare indietro: con sé portava l'ampolla che assolutamente non doveva aprire. Ma la ragazza, ingenua e curiosa, disobbedì e la aprì.
L'ampolla, che in realtà conteneva un sonno profondissimo, sprigionò una nuvola che la avvolse e la fece cadere addormentata e da cui fu svegliata da Amore, che a sua volta la stava cercando per mari e per monti in preda ad una acuta nostalgia e desiderio di lei.
Per non rischiare di perderla di nuovo, Amore chiese al padre Giove di poterla portare con sé sull'Olimpo. Qui Psiche, bevendo dell'ambrosia, diventò una dea e pertanto, finalmente, immortale. Il loro amore, fu ben accettato dagli dei e venne festeggiato con un ricco banchetto nuziale.
Psiche diventò la dea protettrice delle fanciulle, successivamente dall'unione di Amore e Psiche nacque una figlia chiamata: Voluttà.
Ultimi Commenti