di Piero Maroni
MITI E LEGGENDE DELL' ANTICA GRECIA
LA SACERDOTESSA IO
Viveva in Argo una bellissima sacerdotessa di Era, la moglie di Zeus, fedelissima alla dea di cui custodiva il tempio, si chiamava Io.
Zeus ne era follemente innamorato ma sempre la ragazza rifiutava di divenire una sua sposa mortale. Per sedurla e congiungersi con lei, Zeus dovette assumere la forma di una nuvola, sperando che, sotto questo stranissimo travestimento, Era non lo riconoscesse.
La dea, invece, se ne accorse e arse di sdegno contro la sventurata sacerdotessa, tanto che per difenderla dal suo furore Zeus dovette ricorrere a un altro inganno e trasformò la bella Io in una candida giovenca.
Ma Era, più astuta di lui, non si lasciò ingannare: pregò il suo sposo divino di regalarle quel bell'animale e Zeus, pur di non ammettere il tradimento, non osò rifiutarglielo.
Appena la dea l'ebbe in suo potere, lo legò a un tronco di ulivo e lo affidò alla custodia di un mostro dai cento occhi: Argo, un guardiano che tutto poteva vedere perché non dormiva mai, dato che, quando cinquanta dei suoi occhi si assopivano, gli altri cinquanta rimanevano svegli e vigili.
La povera Io era costretta ad una brutale vita animale: di giorno pascolava e si abbeverava in acque fangose e di notte dormiva legata ad un albero di Nemea con un collare al collo.
Intanto Zeus che si sentiva colpevole per aver condannato Io ad un così crudele destino, non volle abbandonare la disgraziata sacerdotessa, pertanto si rivolse al più astuto dei suo figli, Ermes, ordinandogli di liberarla.
Ermes dall’Olimpo volò sulla terra e si presentò ad Argo sotto le sembianze di un giovane pastore di capre, poi costruitosi un flauto di canne, cominciò a suonare così dolcemente che Argo chiuse dapprima metà dei suoi occhi, poi l'altra metà e si lasciò prendere completamente dal sonno.
Allora il dio fu svelto a decapitare il mostro, uccidendolo e, senza perdere un momento in più, spinse il gigante giù dalla rupe su cui erano seduti e liberando cosi la giovenca dal suo controllo.
Era, più che mai vendicativa, dall’alto dell’Olimpo si accorse della morte di Argo, prima però di occuparsi della sfortunata Io, che era libera, ma ancora sotto forma di animale, grata egualmente allo sciagurato Argo prese i suoi cento occhi e li fissò alla coda di un pavone, animale a lei sacro, che da allora ebbero una coda splendida.
Poi la dea pensò a vendicarsi di Io e le scagliò contro un feroce tafano che, con le sue punture, la fece addirittura impazzire.
Sempre incalzata dal sanguinario insetto, Io si diede a corsa folle, attraversò la Grecia, passò lo stretto che da allora si chiamò Bosforo, ossia "passaggio della mucca", varcò la catena del Caucaso, si gettò nel Mar Nero, passò a nuoto l'Egeo e infine arrivò in Egitto dove Zeus le diede nuovamente forma umana.
Qui, Io diede alla luce un figlio, Epafo, figlio del dio, che diverrà poi re dell'Egitto.
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