di Piero Maroni
MITI E LEGGENDE DELL' ANTICA GRECIA
MARSIA
La dea Atena, sconvolta dalle grida di dolore delle sorelle della gorgona Medusa quando Teseo le recise la testa, aveva inventato uno strumento musicale chiamato aulòs, un flauto a doppia canna, che riproducesse, almeno in parte, il lamento delle due.
Un giorno, al termine di un banchetto e per compiacere gli altri dei presenti, Atena iniziò suonare, la musica era piacevole ma Era ed Afrodite prendendosi gioco di lei, scoppiarono a ridere sguaiatamente.
Offesa, Atena fuggì dall’Olimpo e dopo essersi fermata vicino ad un lago, riprese a suonare lo strumento ma vedendo il suo volto riflesso nell’acqua capì il motivo dello scherno delle due dee: soffiando nelle canne del flauto, il suo viso si gonfiava, divenendo rosso e deformato.
Adirata, Atena gettò via lo strumento musicale maledicendo chiunque l’avesse raccolto.
L’aulòs fu trovato e raccolto dal satiro Marsia, che esercitandosi divenne in breve tanto abile nel suonarlo che riusciva ad incantare chiunque l'ascoltasse.
La fama acquisita era tale che un giorno, spinto dall'ambizione, il satiro osò lanciare una sfida ad Apollo, il dio della musica, certo di poterlo battere.
Il dio accettò la sfida e furono chiamate come giudici le Muse e il re Mida.
Le fanciulle rimasero molto colpite dalle melodie di Marsia, tanto che Apollo, temendo una sconfitta, iniziò a suonare la sua lira e a cantare contemporaneamente, sfidando il rivale a fare altrettanto.
Marsia suonando uno strumento a fiato, non avrebbe potuto chiaramente competere e così la vittoria fu assegnata al dio, solo Mida si espresse per il satiro.
Come punizione per aver osato sfidare un dio, Apollo sottopose Marsia ad una tortura atroce: il satiro fu legato ad un albero e venne scorticato vivo tra strazianti lamenti.
Così Ovidio racconta nelle sue Metamorfosi la fine di Marsia:
“Perché mi trai fuori da me stesso?”, gridava. “Ahi, ahi stolto!Il flauto non valeva ch’io soffrissi così!”, gridava; e dalla cima degli arti gli era tirata giù la pelle, e i nervi apparivano scoperti, e scorticate e pulsanti le vene; si potevano numerare i visceri palpitanti e tutti erano scoperti i muscoli del petto. Lo piansero i Fauni campestri, numi silvani, e i fratelli Satiri e le Ninfe, e quanti pascolavano su quelle montagne, gregge lanìgere e cornuti armenti.’’.
Il sangue copioso di Marsia ammorbidì e scavò il terreno, ed insieme alle lacrime versate dai Satiri, Ninfe e Fauni accorsi per dare l'estremo saluto al compagno, crearono un fiume che prese il suo nome.
Ultimi Commenti