di Piero Maroni
MITI E LEGGENDE DELL' ANTICA GRECIA
PIGMALIONE

Il mito di Pigmalione, racconta l’amore, grande e cieco, del giovane Re di Cipro, conosciuto per la sua dedizione all’arte e per la sua abilità di scultore, ma preso da questa passione, non aveva né voglia, né tempo per pensare all'amore, quasi lo disprezzava, convinto che nessuna donna reale potesse eguagliare la perfezione delle forme che lui stesso era in grado di plasmare.
Egli trascorreva gran parte del giorno lavorando a una particolare scultura di donna, che doveva diventare il suo capolavoro e non si curava d'altro.
Afrodite, dea dell'amore, volle però vendicarsi per questo disprezzo nei confronti di un sentimento così importante e visto che lui non riusciva a innamorarsi di nessuna donna, decise di farlo innamorare perdutamente della sua creazione d'avorio alla quale stava dedicando tutto il suo tempo.
Scolpita in un bianchissimo avorio era una figura di fanciulla talmente bella, talmente vera, che, ovviamente, non poté evitare di innamorarsi perdutamente di lei e da quel giorno non ebbe più pace.
Ne era incantato e in cuore bruciava di passione per quel corpo inerte e freddo.
Spesso passava la mano sulla statua per sentire se era carne o avorio, e non voleva ammettere che fosse solo avorio.
Giunse a dormire con lei, trattandola come un’amante, le parlava, la stringeva e credeva che lei rispondesse ai suoi baci, aveva l’impressione che le dita affondassero nelle membra che toccava e addirittura temeva che la sua pressione lasciasse lividi sulla di lei carne.
Ora la vezzeggiava, ora le porgeva doni solitamente graditi alle fanciulle: conchiglie, pietruzze levigate, piccoli uccelli, fiori di mille colori, gigli e biglie dipinte.
Considerava la statua una creatura viva, pronta a muoversi e la colmava di tenerezze.
Le addobbava poi il corpo di vesti, le infilava brillanti alle dita e al collo monili preziosi; piccole perle le pendevano dalle orecchie e nastrini sul petto, era divenuta la sua inseparabile compagna, la chiamava, la voleva sempre accanto a sé e, delicatamente, le faceva posare il capo su morbidi cuscini.
Pigmalione, che era sempre più pazzo della sua creazione, giunse ad implorare gli dei e, in particolare, la dea dell’amore e della bellezza, Afrodite, affinché lo aiutasse a realizzare il suo sogno di vivificare la scultura.
E quando venne a Cipro il giorno della festa di Venere, il giovane re depose le sue offerte accanto all’altare sacro e, sommessamente ai numi si rivolse:
“O dei, se è vero che tutto potete concedere, vorrei in moglie una donna uguale alla mia d’avorio”.
La dea s’impietosì e come segno del suo favore, dette vita alla statua, che divenne una meravigliosa ragazza cui fu dato il nome di Galatea e che, successivamente, Pigmalione sposò e da cui ebbe un figlio.
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