di Piero Maroni
Una curiosa pratica assai diffusa nei tempi lontani era di mostrare il sedere al sole (mustraè e’ cheul ma maèrz) la mattina del 1° marzo. Grandi e piccini, ma soprattutto donne, si affacciavano ad una finestra di casa e, denudandosi il sedere ed esponendolo verso il sole, mormoravano questa frase per tre volte: - Toh sòul, cusmi quèst ma lasa staè tot clèlt! (Toh sole, cuocimi questo ma lascia stare tutto il resto!).
Con questo rito si voleva, soprattutto, preservare la pelle del viso dalle bizzarrie meteorologiche di marzo, in quanto i primi tepori del sole primaverile e il vento insistente, di frequente riempivano il volto di antiestetiche volatiche (al vuladghi), chiazze simili a farina che si deponevano sulla pelle e, pur di salvaguardare l’estetica del viso, si offriva in cambio il sedere che, tanto, nessuno doveva vedere.
I proverbi di marzo
Se maèrz l’òintra sturbé, fena ad avroil e vo duré.
Se marzo entra disturbato fino ad aprile vuole durare.
Maèrz sot e avroil bagné.
Marzo asciutto e aprile bagnato.
Maèrz sot, graèn par tot.
Marzo asciutto, grano per tutti.
Maèrz da e’ pì scaèlz.
Marzo dal piede scalzo
Maèrz ch’i n’à al scaèrpi che vaga scaèlz.
Marzo, chi non ha le scarpe vada scalzo.
Se maèrz e sarà catoiv e purtarà un bon avroil.
Se marzo sarà cattivo porterà un buon aprile.
La nòiva marzulòina la deura da la sòira a la matòina.
La neve di marzo dura dalla sera alla mattina.
Maèrz marzaraèl: quant ch'u j è e sòul porta l'umbrèl; quant ch'e piov porta e' capèl.
Marzo marzerello: quando c'è il sole porta l'ombrello; quando piove porta il cappello.
Maèrz bagné, de' lòin da filé.
Marzo bagnato, lino da filare.
Maèrz urtlen, taènta paja e poch graèn.
Marzo ortolano, tanta paglia e poco grano.
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