di Piero Maroni
Iniziamo col dire che il 29 giugno non è la data reale del martirio di Pietro e Paolo perché sono morti in giorni e anni diversi: Pietro venne crocifisso a testa in giù durante la persecuzione attuata da Nerone nel 64, mentre Paolo venne decapitato nel 67 ed anche la data del 29 giugno non ha alcuna relazione con le loro morti perché queste avvennero dopo l’incendio divampatosi a Roma tra il 18 e il 27 luglio.
La Chiesa Cattolica fissa per il 29 giugno la commemorazione dei due Santi per sostituire una festa pagana con una cristiana.
In quel giorno di giugno, nell’Antica Roma si festeggiava, un’antica divinità che veniva accostata a Romolo e all'inseparabile gemello Remo. Se i due gemelli erano stati i fondatori della Roma pagana, Pietro e Paolo diventavano, allora, i fondatori della Roma cristiana e da allora furono scelti come santi patroni di Roma. Fino al 1976 era festa nazionale, ma dal '77 è solo una festa patronale.
San Pietro, in particolare, era un santo assai venerato anche in Romagna perché si temeva che una volta giunti alla porta del paradiso, si venisse da lui respinti con un colpo in faccia col mazzo delle chiavi, in quanto era convinzione diffusa che fosse lui ad avere le chiavi del paradiso e a decidere chi poteva entrare e chi no.
Tale credenza trovava ragione in un passo del Vangelo di Matteo, laddove raccontava che Gesù così si rivolse a Pietro: “A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli.».
Le chiavi sono poi diventate il simbolo di tutti i Papi e dello stato del Vaticano per il fatto che San Pietro è stato il primo Papa, e quindi tutti i successivi, ed anche lo Stato, hanno ereditato lo stesso simbolo.
Nel calendario popolare era questo il giorno indicato per dare avvio alla mietitura ed era usanza che coloro che si impegnavano nell’opera, mangiassero quel giorno sette volte per costituire una riserva di energie necessarie per il faticoso lavoro.
Questo lo affermava il più volte citato Placucci nel 1818, posso però testimoniare che nelle nostre contrade ai primi degli anni cinquanta questo non avveniva.
Nella casa della Villagrappa, dove abitavo con la famiglia, mia mamma e mio nonno lavoravano in coppia, lei recideva le spighe con la falce a mano e lui le legava trasformandole in cove. Si levavano prima delle 4 del mattino e in bicicletta si recavano a Savignano, laddove un tempo c'era la fermata delle corriere, distante 4 chilometri, e qui attendevano di essere assunti dai contadini in cerca di mietitori.
Erano un'accoppiata molto ricercata per la loro velocità e precisione, così potevano permettersi di scegliere il contadino giusto, che invariabilmente per mio nonno, gran bevitore, era quello che aveva il vino migliore. Anche i pasti erano forniti dal contadino, si lavorava per l'intera giornata e si ritornava col buio della sera. L'indomani cambiava solo il podere in cui mietere e la storia si ripeteva per almeno una settimana.
Nella notte tra il 28 e il 29 giugno, in occasione della festa di San Pietro e Paolo, nelle campagne del Nord Italia si celebrava un rito molto particolare per capire come sarebbe stato il tempo, ma anche come sarebbe andato il raccolto e il destino dei componenti della propria famiglia. Si tratta di quella tradizione nota come “la barca di San Pietro”, ancora oggi diffusa in alcune regioni, ma da noi quasi sconosciuta, è un’usanza che si serve di pochi ingredienti: un contenitore di vetro, una chiara d’uovo e la magia della notte di San Pietro e Paolo, molto simile alla pratica della bottiglia e dell'albume di cui si è fatto menzione per i processi di predizione del futuro nella notte di san Giovanni!
Se qualcuno vuol provare, il procedimento da fare è il seguente: la sera del 28 giugno si riempie un contenitore di vetro ampio e largo di acqua, all’interno si fa colare una chiara d’uovo e si mette a riposare per tutta la notte all’aperto o su un davanzale al chiaro di luna, lasciando che la soluzione di acqua e uovo prenda anche la prima rugiada del mattino. Secondo la tradizione, la notte saranno i santi Pietro e Paolo a compiere la magia, in particolare sarà l’apostolo Pietro (che si ricorda essere stato un pescatore) che alla vigilia della sua festa dimostra la sua vicinanza ai fedeli soffiando all’interno del contenitore e facendo così apparire la sua barca.
La mattina dopo il risultato va interpretato. L’albume, infatti, forma dei filamenti e si posiziona in modo da sembrare una barca di forma variabile e con più o meno vele e alberi. A seconda di com’è il veliero, i contadini che ne hanno esperienza, sono in grado di capire le condizioni del tempo che li aspetta, la più o meno buona annata dei raccolti, ma anche la salute dei componenti della propria famiglia. Vele aperte indicherebbero giornate di sole, vele chiuse e strette invece pioggia in arrivo! Un bel veliero in generale promette un’ottima annata di raccolto.
Malgrado si attribuisca al fenomeno un carattere magico-religioso, la scienza spiega che il fenomeno è dovuto semplicemente alla diversa temperatura della notte (più fresca) che permette all’albume di rapprendersi formando il caratteristico veliero ma anche al fatto che l’albume ha una densità maggiore dell’acqua e tende ad affondare. Quando l’acqua fredda si riscalda grazie al calore che assorbe la brocca dalla terra o dal davanzale su cui è posizionata, tende a risalire portando con sé anche l’albume ed è per questo che si formano le vele.
Ogni anno, ovviamente, la chiara si posiziona in maniera differente e le persone sono intente ad interpretare i messaggi mandati da San Pietro. E ancora oggi tante famiglie in particolare del Veneto, Lombardia e Liguria tramandano la tradizione anche ai bambini e giurano che l’uovo più di una volta ci ha effettivamente “preso”!
Nell’800, intorno alla giornata festiva del 29 giugno,si diffuse una curiosa leggenda popolare secondo cui a questo giorno sarebbe seguito un temporale.
Per questo anche nelle nostre campagne si era ampiamente propagata un'attesa preoccupata e temuta del temporale che immancabilmente si sarebbe scatenato in quel giorno, tanto che finì per essere tradizionalmente definito come “la burrasca di san Pietro” (la burasca 'd san Pir), definizione oggi assai presente nella memoria di coloro che ancora ricordano i timori del passato. Addirittura si narra che i pescatori non uscissero in barca quel giorno per evitare rischi.
PROVERBI
Zogn, la felza in te pogn.
Giugno, la falce nel pugno.
San Pir, la stèla int e' zil.
San Piero, la stella nel cielo (sereno).
San Pir, i foigh int e' panir.
San Piero, i fichi nel paniere (maturano i fioroni, in dialetto i mataleun).
S'e piov par san Pir, e piov un an intir.
Se piove per san Piero, piove per un anno intero.
Ad zogn o che fa ben o che fa maèl, u j è sempra un tempuraèl.
In giugno o che fa bene o che fa male, c'è sempre un temporale.
Quant che e' graèn l'à veu la guazaèda, ciapa la felza e va a tajé.
Quando il grano ha avuta la guazza, prendi la falce e va a tagliare.
Par san Pir s'e piuvrà, de' furmantòun e di fasul us cuirà.
Per san Piero se pioverà, di grano e di fagioli se ne coglierà.
Par san Pir e' straèm a sgaroi e e' pajer a faroi.
Per san Pietro lo strame falcerete ed il pagliaio farete
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