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di Piero Maroni

FocarinaIn questa parte di Romagna l’accensione delle focarine, o falò, avveniva in 3 distinti momenti, il primo era in occasione dell’entrata del mese di marzo (i lom a maèrz) di cui si è detto a suo tempo, il secondo, il più sentito e partecipato, in occasione della festa di San Giuseppe il 18 marzo, infine ma in misura minore ed oggi quasi del tutto scomparso, la sera del 24 marzo, vigilia della ricorrenza dell’Annunciazione di Maria, la festa detta della “Madòna di garzeun” ( Madonna dei garzoni, 25 marzo, giorno in cui venivano rinnovati i contratti fra proprietari terrieri e braccianti). Tutti questi fuochi derivavano da riti precristiani ed avevano, e hanno, un significato simbolico, da un lato distruggono tutto ciò che angoscia l’individuo e la comunità, dall’altro rigenerano le persone e la natura, ovvero introducono l’anno nuovo che per la campagna inizia con la primavera.  

18-19 marzo: focarina e festa  di San Giuseppe

La celebrazione del 19 marzo ha origini antichissime. La festa cristiana di San Giuseppe, sposo di Maria e padre di Gesù, si innesta su riti di origine pagana, prima ancora dei Romani, la Romagna era territorio dei Celti. In questo periodo si svolgevano i riti celtici che propiziavano la fertilità, e furono poi assorbiti dal calendario romano, il 19 marzo è, infatti, la data alla vigilia dell’equinozio di primavera in cui nella  Roma antica si svolgevano gli antichi riti dionisiaci di propiziazione e fertilità: i Baccanali, poi vietati per l’eccessiva licenziosità dei costumi e sostituiti in seguito dalle feste in onore di Marte, dio protettore della campagna e della vegetazione che aveva preso il posto del dio Sole di derivazione greca.

Nel mese di Marzo venivano svolti anche i riti di purificazione agraria e il falò appartiene a questa antica cultura. Il fuoco è sempre stato un tipico elemento purificatore in molte tradizioni. I nostri avi erano soliti celebrare l’arrivo della primavera e invocare una buona annata per la raccolta nei campi tramite grandi roghi e da qui nasce la tradizione dei falò accesi la sera della vigilia di San Giuseppe, le “focarine” (fugaròini) o “fogheracce” (fugarazi) che in Romagna si rincorrono nelle diverse località, dalla costa all’entroterra, dove si bruciano un po' ovunque residui del raccolto dell’anno precedente e cataste di legna come auspicio di una buona stagione con l'accompagnamento degli spari di qualche fucile, esplosi per allontanare gli spiriti maligni.

La festa cattolica ha origine nella Chiesa dell’Est e viene importata in Occidente e inserita nel calendario romano con la data fissata al 19 marzo.  Sembra che i primi a celebrare la festa di San Giuseppe siano stati i monaci benedettini nel 1030, successivamente la festa divenne poi canonica per la Chiesa Cattolica nel 1621 grazie a Papa Gregorio XV. Fino al 1977 il giorno di San Giuseppe era considerato in Italia festivo anche agli effetti civili, ma per legge questo riconoscimento fu abolito e da allora il 19 marzo divenne un giorno feriale. 

Nella tradizione religiosa San Giuseppe, artigiano, falegname o carpentiere, è lo sposo della Vergine e padre putativo di Gesù. Le poche notizie che si hanno sulla sua figura “storica” sono quelle che si desumono dai Vangeli di Luca e, soprattutto, di Matteo.  

Giuseppe, curiosamente, scompare dalla vita di Cristo adulto: l’ultima volta che viene citato nei Vangeli è quando ritrova Gesù dodicenne al Tempio. Gli esperti di esegesi dei testi desumono da questo che Giuseppe morì prima del ministero pubblico di Gesù.

Come sopra accennato bisogna risalire al tempo romano per capirne l’origine delle tradizioni relative a questa festa, erano i fuochi che si accendevano in onore di Marte,   ed era anche l’inizio della primavera e dell’anno nuovo che cominciava con l’attuale marzo.

Il Cristianesimo trasformò quelle feste, ma non completamente ed alcuni elementi pagani rimasero comunque, come l’usanza mutuata dai  pastori romani di saltare il fuoco durante le loro feste rurali (le Palilie), allora lo si faceva come espiazione delle proprie mancanze e per chiedere il perdono della dea Pale, in seguito divenne per i giovani una prova di coraggio e virilità senza togliere il valore simbolico dell’attraversamento del fuoco per aprirsi alla vita che verrà. 

In queste nostre contrade la focarina in occasione della festa di San Giuseppe si accende da sempre la sera del 18 marzo e in alcuni luoghi si  brucia in cima alla pira anche “la vecchia” (la vècia), il fantoccio che simbolicamente rappresenta l'inverno.

Un’altra credenza che si è tramandata negli anni era di ritenere che il fuoco della focarina di San Giuseppe avesse la proprietà di far crescere il seno alle giovani ragazze, vi era infatti un detto che qualcuno si faceva carico di ripetere  riferendosi alle ragazzine: “Nu ste dalongh de’ fugh che sinò e pasa san Jusef se’ pialèt!” (Non state lontano dal fuoco che sennò passa san Giuseppe con la pialla).

Sarebbe, infatti, la legna infuocata, col suo magico calore a “faè crèss al tèti” (a far crescere le tette.)

In alcuni posti alla ragazza con poco seno si usava dire: “Ta ne fat i fug ma san Jusèf e san Jusèf u t’à pas la piala” (Non hai fatto i fuochi a san Giuseppe e san Giuseppe ti ha passato sopra la pialla).

La fèsta 'd San Jusèf la n'é pasaèda se pròima o dòp l'àn fa la burascaèda.
La festa di San Giuseppe non è passata se prima o dopo non viene la burrasca.

La burasca 'd San Jusèf la vo vnoi, o taèrd o prèst.
La burrasca di San Giuseppe deve venire, o tardi o presto.

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Finalmente sono tornati! Vediamo cosa combineranno in questa nuova avventura aahahahahaBravo Moeri!...
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