di Piero Maroni
Crispino e Crispiniano, stando a quanto si dice nei racconti agiografici (biografie di carattere esaltatorio), erano due fratelli di origine romana appartenenti ad una famiglia altolocata che ad un certo punto della loro vita decisero di farsi cristiani e di dedicarsi al Signore diffondendo il Vangelo e così, secondo la tradizione, di giorno predicavano e pregavano Gesù Cristo mentre di notte lavoravano per vivere. Come mestiere scelsero, umilmente, di fare i calzolai.
Da Roma si trasferirono in Gallia allora terra di missione, per diffondere la fede cristiana e stabilirono la loro dimora a Soissons, dove, sempre stando ai racconti agiografici, fecero tanti proseliti ed ottennero molte conversioni.
Dopo alcuni anni di soggiorno in Francia, nel 287, furono scoperti e condotti davanti al Prefetto del Pretorio, Rictius-Varus, acerrimo nemico del Cristianesimo. Furono sottoposti a torture ma poiché le sopportarono con molta fermezza e non rinunciarono alla fede cristiana, furono condannati a morte e decapitati. Nel Medioevo il loro culto divenne assai popolare tant’è vero che fiorirono numerosi racconti sulla loro vita: secondo una tradizione inglese vissero per un certo periodo a Faversham, nel Kent mentre, stando invece ad una narrazione dell’VIII secolo, furono sepolti nella Basilica dei SS. Giovanni e Paolo sul Celio, a Roma (notizia assolutamente non attendibile e priva di fondamento).
Diventarono patroni dei calzolai e dei ciabattini. In alcune località si distingue fra Crispino, protettore dei calzolai e Crispiniano, dei ciabattini, ma, per estensione, proteggono tutti i lavoratori del cuoio, sellai, guantai, conciatori.
Nell’iconografia popolare si tende a raffigurare Crispino con le fattezze di un giovane e Crispiniano con quelle di un uomo attempato. La raffigurazione più comune li presenta intenti al lavoro, su alcune immaginette devozionali mentre stanno facendo degli improbabili zoccoli solitamente in legno.
A San Mauro Pascoli ogni anno il 25 ottobre in occasione della festività di questi due santi torna la Fiera di San Crispino! Patrono del paese, protettore dei calzolai, San Crispino sarà festeggiato con l'appuntamento fieristico che animerà il centro del paese con mostre, stand gastronomici, musica, animazione e volontariato, con un occhio particolare alla tradizione e alle eccellenze sammauresi, prima fra tutte la scarpa.
Tra i tanti eventi previsti nel ricco programma della fiera, solitamente spiccano infatti le numerose iniziative dedicate alla calzatura, per omaggiare la vocazione calzaturiera e l'artigianato d'eccellenza del paese.
Non si tratta però di una tradizione e di una fiera antica, la prima edizione risale al 1983, così come di relativa recente nomina è l'investitura a San Crispino a patrono del comune.
In verità a San Mauro coi santi si sono create numerosi contorsioni, scambiandoli e confondendoli come figurine. Il primo equivoco è sorto sul santo da cui è stato assunto il nome da attribuire al paese: San Mauro. Si sa che questo santo era un monaco benedettino nato a Roma da nobile famiglia nel 512 e che all'età di 12 anni fu accolto da San Benedetto da Norcia nel monastero di Subiaco dove divenne il suo collaboratore prediletto ed in seguito inviato dallo stesso santo in Francia a fondare un nuovo monastero benedettino nella cittadina di Glanfeuil, oggi Saint Maur sur Loire.
Quando verso l'800 in questa parte di campagna recuperata all'agricoltura dopo il periodo delle invasioni barbariche da parte dei benedettini ravennati, si costruì una chiesa e fu appunto intitolata all'abate allora venerato come santo per i numerosi miracoli compiuti in vita, attorno a questa chiesa si svilupperà poi il paese.
Eppure sul gonfalone del comune spicca l'immagine di un vescovo, c'entra qualcosa?
In parte sì e in parte no, ma il tutto nasce da un equivoco.
Il vescovo raffigurato è San Mauro, vescovo di Cesena, morto poco prima dell'anno mille e, ovviamente, santificato molti anni dopo. Quando nel 1470 vennero traslati nella nuova cattedrale di San Giovanni Evangelista in Cesena i resti del santo rinvenuti in un sarcofago sulle colline cesenati, il parroco di San Mauro di allora inviò un suo collaboratore per cercare di farsi consegnare almeno una reliquia (un osso del santo), cosa che ottenne e che fu inserita nell'altare della chiesa sammaurese che da quel momento fu dedicata a San Mauro vescovo, la cui festività ricorre il 21 novembre.
Quindi un San Mauro abate per il paese e un San Mauro vescovo per la chiesa, sta di fatto che sul gonfalone c'è finito il vescovo.
Anche sui colori che completano il gonfalone del comune si è equivocato, in un primo tempo si era creduto che fosse il giallo e il rosso, tanto che quando negli anni 30 sorse la Sammaurese calcio, quelle furono le tinte adottate, e ancora rimangono, ma ricerche più approfondite portarono a scartare questa ipotesi in quanto i due colori altro non erano che la colorazione dell'urna (o bossolo) che si usava un tempo per raccogliere le schede di votazione relative alle adunanze del consiglio comunale, nulla però avevano a che fare coi colori del paese, appartenevano allo stemma familiare del notaio riminese che presiedeva le sedute ed era proprietario del contenitore, emerse così in maniera definitiva che il giallo e l'azzurro erano i colori del comune di San Mauro.
Quando ancora di santi patroni non se ne parlava tanto diffusamente, a San Mauro, in chiesa, si celebrava tutti gli anni e, forse, si celebra ancora, con una messa la ricorrenza di San Mauro abate il 15 di gennaio, come indica il calendario.
Per andare indietro nel tempo, nel 1790 un gruppo di cittadini, che come risulta da una ricerca storica di Susanna Calandrini si chiamavano: Filippo Spadazzi, Domenico Guidi, Sebastiano Giorgetti, Felice Gazzoni, Matteo Brici, Giuseppe Santini, Giulio della Rocca e Giuseppe Gori, si impegnò con un atto notarile inviato al vescovo di Rimini, a solennizzare in pompa magna con una grande festa una volta all’anno, la Madonna del Fuoco, eletta nuova patrona del paese. Già lo era, e lo è tuttora, patrona della città di Forlì, questo perché nelle campagne del nostro paese l'economia in quel tempo era determinata dalla coltura della canapa e la Beata Vergine era stata scelta come la protettrice di questo raccolto.
Questo voto verrà sciolto nel 1822 sempre dal vescovo di Rimini su richiesta dei discendenti dei primi firmatari (alcuni erano defunti altri si erano trasferiti altrove), intanto perché le spese e gli oneri da sostenere erano divenuti pesanti e un pensiero opprimente, ma anche perché la produzione della canapa in tutto il territorio cesenate era scemata fortemente soppiantata dalle nuove culture ben più remunerative, tuttavia il culto per la Madonna rimase ancora a lungo nelle campagne e nel paese, con l'accensione di falò e lumini sui davanzali delle finestre almeno fino agli anni prima della seconda guerra mondiale.
Si ritornò così a fare riferimento ancora San Mauro quale patrono del paese, ma, considerato che dal dopoguerra in poi, sono le scarpe il motore economico locale, su espressa domanda, il vescovo di Rimini ha concesso agli inizi degli anni 80 che San Crispino, il santo calzolaio, diventi il nuovo patrono ed ora è lui il festeggiato per cui il 25 ottobre di ogni anno nel paese nostro è festa grande.
Con un po' di cinica ironia si potrebbe definire un uso furbo e strumentale dei santi da parte della comunità sammaurese, devono, in sostanza, consentire santi profitti all'economia locale, se vogliono durare a lungo.
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